giovedì 18 luglio 2013

Razza padrona e capitalismo all'italiana, il fulgido esempio di Ligresti e Tronchetti Provera

Se gli amministratori pubblici rubano, gli imprenditori privati fanno di peggio. Perché per rubare sono costretti anche a corrompere gli amministratori pubblici. Tanto per mantenere vivo il dibattito su quanto siano truffaldini i capitalisti italiani, oggi sui giornali compaiono due delle facce meno presentabili, quella di Salvatore Ligresti, con tutta la famiglia, e quella di Marco Tronchetti Provera
Il primo incappato in una vera e propria retata: padre, due figlie e dirigenti "amici" in galera, un altro figlio latitante in Svizzera. Li hanno beccati mentre avevano prelevato 14 milioni di euro e parlavano di fuga alle Cayman. Ligresti è un nome assai noto a Milano, anche perché ha oliato le ruote di tutti i partiti, comprese quelle degli incorruttibili camerati dal Msi (i figli adottivi di Giorgio Almirante fecero fallire una concessionaria di auto Lancia a Roma e furono salvati dall'amico Salvatore, che diede loro un'agenzia della Sai). Era la fantastica "Milano da bere" dove il nostro capitano d'impresa fa affari loschi finché non lo fermano i magistrati di Mani Pulite e passa quasi quattro mesi a San Vittore. Lui però, guarda un po', risorge, anche perchè può contare su mille amicizie, compresa quella di Antonino La Russa, suo compaesano e padre del mitico 'Gnazio, che grazie alla sua alleanza con Berlusconi da picchiatore è diventato ministro, quindi è in grado di aiutarlo e viene subito ricompensato. Nel 2001 fa il colpaccio, rilevando Fondiaria dalla Montedison in liquidazione (gliela vende Mediobanca). Ligresti la fonde con Sai e fa a pezzi entrambi. Nel gennaio 2003, quando Fonsai approdò in Borsa, valeva 1,6 miliardi. A fine 2006 ne capitalizzava 5. Poi Ligresti e figli la  affondano con una serie di operazioni cillecite. Risultato: 2 miliardi di perdite nel 2011 e 2012. Mediobanca lo salva ancora, sponsorizzando la ricapitalizzazione da parte di Unipol, concedendo alla famiglia un altro giro di giostra. Ieri il capitolo finale, tutti agli arresti, manco fossero il clan dei Corleonesi. 
Il secondo, diventato uno degli uomini più ricchi d'Italia (nel 2011 guadagnava oltre 22 milioni di euro l'anno) solo per aver sposato la figlia di Leopoldo Pirelli, è meglio conosciuto come l'uomo che ha massacrato la Telecom (che quando era un'azienda pubblica faceva utili e dava lavoro a un sacco di gente). Ieri è stato condannato a un anno e otto mesi per la storia dei dossier illegali frutto delle intercettazioni illegittime effettuate dalla sua ex società. Dovrà anche risarcire in via provvisionale la Telecom che si era costituita nel processo parte civile, versando al momento 900 mila euro sui 6 milioni richiesti dalla compagnia telefonica. Per lui, solo argent de poche. Questo campione della nostra imprenditoria, oltre a essere Vice Presidente di Mediobanca, è membro dell’Esecutivo di Confindustria e Consigliere di Amministrazione di RCS Quotidiani S.p.A., dell'Università Bocconi, dell'Inter, di Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.A. e di un'altra decina di aziende. 
La prossima volta che sentirete qualcuno parlare di privatizzazioni, di privato, di libera impresa, ricordatevi di loro e mettete mano alla pistola. 

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