lunedì 30 settembre 2013

Tutti contro tutti: il gran casino prodotto dal governo del Presidente

Ormai siamo al caos. Dopo mesi di buffonate e discorsi in favore della coesione e della reponsabilità, il tempo - che è notoriamente galantuomo - ha finito con il dare ragione a chi sosteneva che un governo con il partito del Caimano non era solo immorale, ma anche inutile. Che Silvio Berlusconi avrebbe fatto saltare il banco di fronte alle sue vicissitudini giudiziarie doveva essere chiaro a tutti, dopo vent'anni di disastri combinati solo per salvaguardare il suo interesse. Ma il Presidente dall'alto del Colle monitava contro tutto e contro tutti, invitando anche la stampa a chiudere la bocca, con il solito piglio di chi la Costituzione non è che la prenda mai molto sul serio. E i giornali gli davano retta, a costo di perdere copie su copie, da quando il Capo dello Stato ha obbligato il Pd a suicidarsi sostenendo il governo Monti e poi infierendo sul cadavere della sinistra con l'esecutivo affidato al nipote di Gianni Letta (che infatti, contando molto più del nipote, è salito lui al Quirinale per parlare della crisi e non si sa bene a che titolo, se non come tutor del povero Presidente del Consiglio). 
Oggi, improvvisamente, tutti scoprono che Berlusconi è un pazzo irresponsabile. Napolitano piange sul latte versato e perfino all'interno del Pdl, dove la componente democristiana, assai poco avvezza a mollare le poltrone, non sembra molto d'accordo con le dimissioni di massa, preannunciando nuove spensierate alleanze perfino con uno come Angelino Alfano, passato dal suo ruolo di yesman del Cavaliere a moderato statista. Il giornale della famiglia di Berlusconi ha iniziato subito a sparare contro i traditori, con il conseueto metodo Boffo, mentre nel Pd il povero Letta viene sbugiardato da chi qualche tempo fa aveva proposto l'abolizione del Porcellum con il ritorno al maggioritario e non aveva trovato l'appoggio di nessuno, in quel partito fantasma. 
E' casino, casino allo stato puro, senza neanche un'idea di come uscirne, a parte il solito sistema Scilipoti: la compravendita. Il capolavoro dei moderati e dei responsabili, che come al solito si dimostrano anche terribilmente inadeguati, oltre che vecchi fuori e dentro.

venerdì 27 settembre 2013

La Chiesa ha evaso 4 miliardi e lo Stato non li rivuole indietro

E alla fine arrivò la rivelazione decisiva: la Chiesa deve allo Stato quattro miliardi di euro di Ici non pagata fra il 2006 e il 2011 e il nostro Stato non li rivuole indietro. La bugia grossolana della sussidiarietà, dietro la quale si nascondono coloro che fanno affari su ospedali e conventi (basta vedere come sono gestiti, alla faccia di papa Francesco), era stata messa in discussione in sede europea dai ricorsi avanzati da scuole private non confessionali, asili e impianti sportivi privati e l'Unione Europea ha bollato l’esenzione dall’Ici della Chiesa per gli immobili non di culto com un illegittimo aiuto di Stato. 
Solo che, come scrive Repubblica, l'ex presidente del Consiglio, Mario Monti, il tecnico banchiere bocconiano col loden, dopo aver sbandierato l'equità fiscale, ha fatto sapere alla Ue che la cifra non poteva essere calcolata e che era di fatto inesigibile. A Bruxelles se la sono bevuta e non hanno proceduto a sanzioni.
E invece è una balla pazzesca. L'Anci, l'associazione dei comuni italiani, sempre a corto di quattrini e così avari di servizi nei confronti della cittadinanza valuta che le entrate dell'Ici sugli immobili riferibili ad enti no profit (no profit una sega) e per lo più alla Chiesa, siano di pari 600-800 milioni l’anno. Moltiplicati per sei annualità, fanno la bella cifra di 4 miliardi. Basterebbero a evitare il rincaro dell'Iva per quattro anni, oppure a cancellare la rata di Natale dell'Imu e insieme riportare il rapporto fra deficit e pil sotto il tetto del 3%.
Nè a Monti, nè tantomeno a Letta, che in parrocchia ci è cresciuto e si è costruito una carriera di stipendiato a vita, interessano quei soldi. Meglio prenderli dalle nostre tasche che toccare i soldi dei preti.
Che, detto per inciso, dal titolare della ditta in poi non hanno mai dato a Cesare quel che è di Cesare.

mercoledì 25 settembre 2013

La vittoria della Merkel e il paradigma della sinistra divisa

Nel celebrare la schiacciante vittoria del partito di Angela Merkel, qualcuno ha fatto finta di non vedere due palesi evidenze che mettono sotto scacco tutto lo sciocchezzaio dei commentatori politici. Nonostante abbia ottenuto la percentuale di voti più alta di sempre e malgrado lo sbarramento del 5% per eleggere dei deputati, l'allenza di centrodestra Cdu-Csu sarà costretta ad allearsi o con i socialdemocratici dell'Spd o con i Verdi perché anche se solo per 5 seggi non ha ottenuto la maggioranza assoluta. Tutto questo, naturalmente, non rappresenta un problema, visto che la "grande coalizione" è stata sperimentata con successo fra il 2005 e il 2009 e sempre sotto la direzione della Cancelliera. Bastò mettersi d'accordo su un programma condiviso e su rappresentanti condivisi, cosa che è chiaramente impossibile alle nostre latitudini, dove la maggioranza di governo si regge solo sulla difesa a oltranza di un pregiudicato. 
Ma la cosa che fa credere che in fondo davvero tutto il mondo è paese, è un'altra. 
La Merkel ha ottenuto 311 seggi, mentre i socialdemocratici 192. Gli unici altri due partiti che sono entrati nel Bundestag, il Linke (con 63 seggi) e i Verdi (62) sono di sinistra e insieme all'Spd avrebbero 319 seggi e la maggioranza assoluta (anche in termini di percentuale di voti). Solo che, da loro come da noi, la socialdemocrazia sta diventando sempre più il sostegno occulto delle forze conservatrici. E' più facile mettersi insieme al centrodestra che provare a fare qualcosa di sinistra, il che rende esplicita l'inutilità di votarli.
Cosa che infatti avviene sempre meno, sia per l'Spd (fra il 2005 e oggi ha perso oltre il 10%) che per il nostro ineffabile Pd.

martedì 24 settembre 2013

Il discount Telecom, ennesima dimostrazione della incapacità della classe imprenditoriale

Alla fine ce l'hanno fatta. Politici senza scrupoli e imprenditori incapaci, oltre che privi di soldi e di idee, hanno definitivamente ucciso la Telecom, la compagnia telefonica italiana che nel 1997 il governo Prodi decise di privatizzare. Erano anni, dallo scoppio di Tangentopoli, che stampa, opinionisti e politicanti prezzolati spingevano sull'acceleratore della vendite dei beni di Stato all'imprenditoria privata, l'unica - secondo i loro giornali e i loro lobbisti - in grado di produrre ricchezza.
Peccato che molte di quelle aziende che sono state svendute ricchezza la producessero già e che l'arrivo dei magnaccioni truffaldini che compongono una importante fetta del capitalismo italiano le abbia ridotte in pezzi. Schiacciato dai debiti causati dalle terrificanti gestioni di Roberto Colannino (che con la sponsorizzazione della sinistra comprò l'azienda con i soldi dell'azienda) e Marco Tronchetti Provera, l'attuale management della compagnia si vede "costretto" a svendere tutta la baracca ai concorrenti della Telefonica spagnola, i quali non è affatto garantito che si sobbarchino l'ingente molte di investimenti dei quali l'azienda avrebbe bisogno per restare competitiva. 
Il tutto perché i fantocci che siedono a rotazione a Palazzo Chigi e nei Ministeri dello Sviluppo Economico e del Tesoro non hanno mosso un dito da anni e le banche che controllano la Telecom attualmente (Mediobanca, Generali e Intesa) non hanno intenzione di metterci un euro. Naturalmente, nel più puro stile bocconiano, sono in arrivo migliaia di esuberi, pagati dalla collettività.
Allegria.

lunedì 23 settembre 2013

Brigate Rosse, la "bufala doc" buona per tutte le occasioni

A volte questo paese ha qualcosa di meraviglioso. Ricorda tantissimo le repubbliche delle banane sudamericane, dove i servizi segreti potevano darsi alla pazza gioia senza neanche inventarsi qualcosa di credibile, tanto non c'era una magistratura indipendente, una polizia non corrotta o un'opinione pubblica informata a metterli sotto scacco. 
Oggi in quei paesi il vento è fortemente cambiato. Da noi, no.
La Tav Torino-Lione si deve fare. Non perché abbia un senso, o serva davvero a qualcosa, visto che su quella tratta da molto tempo ormai il traffico sia passeggeri che merci è costantemente in calo. Si deve fare perché a quella mangiatoia sono pronti ad accostarsi i soliti amici, le solite società di asfaltatori che spesso sovvenzionano la destra e le solite cooperative che finanziano la sinistra. Perché l'Italia è questo, un gigantesco spreco di risorse per arricchire la stessa ristretta cerchia di malfattori.
Di fronte alla legittima protesta degli abitanti della Val di Susa, il governo non può che rispondere con la violenza, perché con il dialogo non potrebbe mai avere ragione. Centinaia di poliziotti e carabinieri messi a guardia di un cantiere, alla faccia dell'ordine e della spesa pubblici, che hanno attirato come le api sul miele (o le mosche sulla merda, decidete voi) quell'area antagonista europe che ogni tanto fa danni per il gusto di farli. Ma per giustificare l'arrivo dell'esercito (un'altra missione di pace?) ci voleva altro.

venerdì 20 settembre 2013

Il Papa furbetto e la vergogna dei ginecologi cattolici

Fanno sinceramente tenerezza i tromboni finto-progressisti che si emozionano sempre tanto di fronte alla banalità buoniste con cui papa Francesco riempie le pagine dei giornali. Ieri tutti commossi di fronte al fatto che il vecchio gesuita, in un'intervista al settimanale dei gesuiti (rivista che si abbevera alla greppia dei contributi per l'editoria dei periodici cattolici), ha detto che ci vuole il dialogo anche con quei cattivoni dei gay e di quelle donnacce che abortiscono (al patto, sia chiaro, che siano fortemente pentite). Dopo un paio di Papi che invocavano il rogo a ogni più sospinto, l'esibizione di un minimo di misericordia cristiana (ma proprio un minimo) deve aver contribuito a un'allucinazione collettiva. Oggi perfino il Manifesto mette il Papa rivoluzionario in prima pagina, aspettando il miracolo divino.
L'argentino che non si era mai accorto di vivere in un paese dove i militari torturavano la gente (perfino i suoi confratelli) deve essersi un po' spaventato dalle reazioni. E oggi ci ha finalmente mostrato il lato cattivo, anche perché sennò noi atei come ci divertiamo?
Bergoglio il rivoluzionario ha ricevuto in udienza i ginecologi cattolici (a quando i cardiologi buddisti o gli otorinolaringoiatri islamici?) e ha loro detto di stare attenti alla "diffusa mentalità dell'utile, la cultura dello scarto, che oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo: richiede di eliminare esseri umani".  Secondo il Papa, "ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente a essere abortito, ha il volto del signore" e "ogni anziano, anche se infermo o alla fine dei suoi giorni, porta in sè il volto di Cristo. Non si possono scartare". 
Ora, tralasciando il fatto che il volto di Cristo - se si è davvero cristiani - lo si dobrebbe riconoscere in tutti gli esseri umani, comprese le madri che muoiono di aborto clandestino e gli anziani costretti a marcire nei letti d'ospedale anche contro la loro volontà, le parole di papa Francesco sono un'autentica chiamata alle armi, a serrare i ranghi, a perpetuare quello che è uno dei grandi scandali della sanità italiana. 
Grazie a una norma della legge sull'aborto, la celebre 194 del 1978, ginecologi, anestesisti e personale paramedico possono scegliere di non praticare l'interruzione volontaria di gravidanza, trincerandosi dietro le loro convinzioni fideistiche (a dimostrazione del fatto che anche quando in Italia si è fatto qualcosa di sinistra si è subito pensato a un generoso regalino ai cattolici). Ora uno si chiede: posto che la legge risale a 35 anni fa, chi nel frattempo ha intrapreso la carriera non poteva semplicemente fare altro se pensava che la sua coscienza gli impedisse di applicare una norma dello Stato, confermata da un referendum popolare? Evidentemente le regole non valgono per tutti e tantomeno per i farmacisti che si rifiutano di vendere anticoncezionali e che pure sono titolari di una licenza concessa dallo Stato. 
Come ha rivelato tempo fa Repubblica in un'inchiesta, in Italia oltre l'80% dei ginecologi è obiettore di coscienza e le donne che non riescono a trovare posto si rivolgono al mercato clandestino. Il Ministero della Sanità ha calcolato almeno ventimila le interruzioni di gravidanza illegali, ma secondo alcune stime sono almeno il doppio. Senza contare l'assurda cifra di 75 mila aborti "spontanei", che in larga parte potrebbero essere frutto di pratiche "casalinghe" finite male.
Sull'obiezione di coscienza dei medici, siamo in Italia, è fiorita tutta una cancrena, con ambulatori fuorilegge: l'ultimo gestito dalla mafia cinese (!)  stato scoperto poco tempo fa  a Padova e incassava quattromila euro al giorno. Tra i clienti anche donne italiane. E poi sequestri, spaccio di farmaci abortivi, confezioni di Ru486 di contrabbando (quelle che magari non vogliono vendere i farmacisti), 188 procedimenti penali aperti nell'ultimo anno per violazione della 194, spesso contro "insospettabili professionisti" che agivano nei loro studi medici, alla faccia della "diffusa mentalità dell'utile".
La rivoluzione di Bergoglio? Buona per i gonzi. 

mercoledì 18 settembre 2013

Ma c'è davvero qualcuno che pensa che Renzi sia "cool"?

Sarà che io non li voterò mai e quindi la cosa mi appassiona ben poco, ma a sinistra davvero c'è qualcuno che pensa che Matteo Renzi sia "cool" come vorrebbe far credere? Uno che va a cena con Flavio Briatore, si veste da Fonzie per andare da Maria De Filippi, va alle partite col fratello dello scarparo che si è comprato il Colosseo, si fa beccare a pranzo con  il re del trash su carta stampata Alfonso Signorini e va alle presentazioni dei libri di Roberto Cavalli e dell'immarcescibile Wa(l)ter Veltroni, secondo voi è un fico?
Dallo "smacchiatore di giaguari" fallito, siamo passati all'asfaltatore che arringa platee di poche centinaia di persone riunite attorno a quel che resta delle gloriose Feste dell'Unità, con pensierini da prima elementare ("se avessimo fatto qualcosa per i giovani avremmo vinto le elezioni", che suona un po' come il famoso "se mio nonno avesse avuto cinque palle sarebbe stato un flipper") che accendono gli entusiasmi dei masochisti abituati alla sconfitta e costretti a subire perfino il contrappasso di dover pagare uno come il rapper Moreno.
E così, il pupazzo che voleva rinnovare il Partito si ritrova a fianco di gente come Fassino, Franceschini, lo stesso Veltroni, già saliti sul carro dell'annunciato vincitore del prossimo Congresso (ammesso che si farà).
Mentre si consuma l'ultimo atto della vita politica di Silvio Berlusconi, l'alternativa mette i brividi. Finiremo anche noi sotto la statua di Pasquino ad appendere la scritta "aridatece er puzzone"?

martedì 17 settembre 2013

Banche, la crisi la pagheranno i lavoratori nel più tipico Italian-style

Bertolt Brecht disse: "Il vero ladro non è chi rapina una banca, ma chi la fonda". La frase appartiene al passato, alla concezione marxista secondo la quale il credito sviluppa la leva della produzione capitalistica, ovvero "l’arricchimento tramite sfruttamento di lavoro altrui", spinto fino alla truffa e all'imbroglio, limitando sempre di più il numero delle persone che sfruttano la ricchezza sociale. Concetto sorpassato?
La recente crisi del sistema bancario mondiale ha danneggiato le casse di numerosi Stati, che si sono chiaramente rifatti sulle tasche dei cittadini. Ovunque, naturalmente, i manager che avevano provocato enormi disastri sono magari andati a casa, ma hanno conservato proprietà e privilegi accumulati in anni di stipendi fuori controllo.
Noi, naturalmente siamo sempre più speciali degli altri. 

lunedì 16 settembre 2013

Gli appalti Tav e la "filosofa" del Pd

E' tristemente noto che la malavita e la politica (spesso difficili da distinguere l'una dall'altra) in Italia sopravvivono anche e soprattutto agli appalti. E in questo momento i più ghiotti sono quelli dell'Alta velocità ferroviaria. Ecco spiegato perché un ex partito di sinistra come il Pd annoveri fra i suoi esponenti tanti accesi sostenitori di quello che in sè sarebbe uno strumento di progresso, ma che in realtà si trasforma nella solita greppia dove vanno a mangiare un po' tutti quanti. Sulla Tav Torino-Lione si sono spesi fiumi di inchiostro e si sono consumati anche ingiustificabili atti di violenza, ma nessuno è riuscito veramente a spiegare a che cosa serve una linea di alta velocità in un tratto dove il traffico merci e passeggeri è in costante calo da anni. 
La spiegazione, come diceva la "gola profonda" del caso Watergate, si ottiene seguendo dove va il denaro. 
E il denaro della Tav va nelle tasche dei soliti noti.
Se qualcuno aveva dei dubbi, oggi è arrivata una conferma niente male. I magistrati hanno messo agli arresti domiciliari Maria Rita Lorenzetti, detta "la zarina di D'Alema", ex governatrice della Regione Umbria e messa a dirigere - chissà mai da chi e per quali meriti - l'Italferr, società del gruppo Ferrovie dello Stato che opera nel settore dell’ingegneria dei trasporti ferroviari e dell'Alta Velocità. La Lorenzetti, che di treni non è esattamente un'esperta, essendo laureata in filosofia (!), è accusata di corruzione, associazione a delinquere e abuso d'ufficio, per gli appalti del nodo ferroviario di Firenze: un "gioco di squadra", una "corruzione circolare", favori fatti a destra e sinistra, "sapendo che prima o poi chi ne fa parte ti ripaga".
Proprio una filosofia di vita.


venerdì 13 settembre 2013

Ilva, quando la proprietà è davvero un furto

La propriete c'est le vol. La proprietà è furto. Lo disse Pierre Proudhon oltre 170 anni fa e per questo venne quasi crocifisso dalla mentalità piccolo borghese che si sentiva attaccata nei suoi piccoli patrimoni immobiliari, nelle sue piccole cose, nella piccola roba accumulata in anni di lavoro sempre e comunque sottopagato. Il filosofo francese non intendeva puntare il dito contro le due camere e cucina acquistate col mutuo, ma contro la proprietà dei mezzi di produzione, concentrata nelle mani di pochi e, quella sì, frutto dei furti ai danni del popolo e della classe lavoratrice. 
Da un po' di mesi in Italia è diventato eclatante il caso dell'Ilva, ex azienda pubblica svenduta ai privati. Emilio Riva, che l'ha acquistata, negli anni cinquanta aveva una società che commercializzava rottami di ferro destinati alle acciaierie. La sua abilità nel frequentare gli ambienti politici lo ha portato a pagare l'Ilva di Taranto, un'azienda disastrata nei conti, ma di dimensioni gigantesche e dotata di impianti capaci di rendere profitti colossali, solo 1.460 miliardi delle vecchie lire nel 1995, quando al governo c'era il "rospo" Lamberto Dini, naturalmente appoggiato dalla solita sinistra di lotta e di inciucio, e alla guida del Comitato per le privatizzazioni siedeva quell'altro gran genio di Mario Draghi
L'investimento si è ripagò nel giro di un solo anno di gestione, visto che la fabbrica cominciò a macinare utili al ritmo di 100 miliardi di lire al mese, facendo diventare Riva, un padrone all'antica, unico proprietario e azionista, il terzo produttore d'Europa di laminati piani , con 17.500 dipendenti e altri due impianti a Genova e Novi Ligure. La famiglia del patriarca, da allora, incassa soldi a palate: fra il 2005 e il 2008, ad esempio, il gruppo ha guadagnato 2,56 miliardi di profitti al netto delle tasse e nel 2011 il patrimonio netto di gruppo è di 4216,66 milioni.
Peccato che la fabbrica di Taranto abbia provocato la morte di centinaia di persone, che ci hanno messo molti anni a veder riconosciuto il danno, nonostante il risanamento ambientale fosse stato chiesto dalle autorità competenti giù all'epoca della privatizzazione. 
E' anche così che si fanno i soldi in Italia. Nel 1975 Riva era già finito in carcere per omicidio colposo, perché nella sua prima fabbrica c'era stato un incidente sul lavoro. “Finché non esco, la fabbrica resta chiusa e senza lavoro”, disse col piglio del padrùn che lo ha sempre contraddistinto. 
Oggi è di nuovo agli arresti, dopo una lunga battaglia legale, sempre per omicidio colposo. Praticamente uno stragista. Che ha fatto i soldi mangiandosi quelli destinati a trasformare la fabbrica. Inseguito dai sequestri - sacrosanti - decretati dalla magistratura, l'ex rubivecchi milanese continua in una lunga opera di ricatti e tira e molla. Memorabili le considerazioni del Commissario nominato dal governo, Enrico Nosferatu Bondi, secondo il quale l'alta incidenza di tumori a Taranto è colpa delle cattivi abitudini degli abitanti che sarebbero tutti dei gran fumatori.
Ieri ha annunciato la chiusura di tutte le fabbriche extra Ilva, mandando a casa in un sol colpo 1.400 dipendenti. 
Qualunque paese civile e realmente garante del mercato avrebbe avviato la nazionalizzazione. Perfino gli Stati Uniti. Da noi, gli industriali di solito gli assassini li applaudono. E a parlare di cose normali si rischia di essere bollati come comunisti. 
La proprietà è furto. E la politica è sempre complice.


giovedì 12 settembre 2013

Giuliano Amato, il sorcio continua a prosperare nel formaggio

Lo so già, Giuliano Amato non me lo toglierò mai di torno. La sua visione mi perseguita da quando ero un giovanissimo cronista e passavo le nottate a Palazzo Chigi ad aspettare le sue geniali finanziarie, quelle degli assalti alla diligenza, quelle dove fino all'ultimo secondo c'era la possibilità di infilarci un regalino, una prebenda, uno stanziamento per qualche convento, parrocchia o struttura che servisse a far contento l'elettorato di qualche politico in ascesa. Erano gli anni, fra l'87 e l'89, che oggi vengono ricordati come quelli in cui l'Italia si strinse il cappio al collo eliminando qualsiasi controllo sul debito pubblico. 
L'uomo era assai antipatico e supponente, vice segretario del Partito Socialista, braccio destro di Bettino Craxi, convinto di essere un vero padreterno, in realtà faceva la marionetta come tutti gli altri. Mal sopportava le domande ed era solito ammantare di particolari tecnici le sue spiegazioni, per giustificare il gran casino che stavano combinando lui e il suo degno compare al bilancio, Paolo Cirino Pomicino
Quando Tangentopoli fece crollare tutta l'impalcatura di malaffare che i suoi avevano messo in piedi, Amato - che aveva partecipato alle drammatiche riunioni della segreteria del partito in cui si cercava di fabbricare prove contro i giudici di Milano - divenne addirittura Presidente del Consiglio e anche in questa nuova veste verrà ricordato soprattutto per la drammatica svalutazione della lira del 1992, un altro colpo al cuore di cui ancora portiamo i segni, e per la meravigliosa idea del prelievo forzoso, quando gli italiani si videro rubare i soldi direttamente dal proprio conto corrente. 
Sembrava destinato al dimenticatoio, quando all'improvviso una poltrona concessagli al volo come presidente dell'Antitrust dal primo governo Berlusconi (solidarietà fra vecchi compagni) nel 1994 lo ha mantenuto a galla. Il dottor Sottile ha ricambiato il favore facendo finta di non vedere che il principale intoppo alla concorrenza e al mercato, quello delle televisioni e della pubblicità, era proprio quello del vecchio amico di razzie socialiste.
Nel 1999 un nuovo capolavoro. Massimo D'Alema lo rinomina Ministro del Tesoro, probabilmente per i grandi meriti del passato. La mossa ha un effetto devastante, il centrosinistra perde l'appoggio di Antonio Di Pietro (che aveva la fortuna di ricordarsi bene chi era Amato) e si prepara alla sconfitta del 2001, completando l'opera anche con un annetto del prode Giuliano di nuovo a Palazzo Chigi, per nuovi mirabolanti disastri. 
Finita qui? Macché. Nel 2006, dopo una vittoria risicatissima, Romano Prodi lo mette al Ministero dell'Interno per un bel giro di governo di altri due anni. Nel 2008 annuncia il suo ritiro dalla vita politica, ma intanto si fa nominare presidente dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, consulente in Italia per la Deutsche Bank e presidente della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. 
Uno pensa, con una pensione da 31 mila euro al mese gentilmente pagata dai cittadini che nel corso degli anni a contribuito a rendere sempre un po' più poveri, e tutti questi incarichi, si leverà finalmente dalle palle. E invece no.
Ad aprile il suo nome ritorna prepotentemente alla ribalta, come possibile Presidente del Consiglio o addirittura Presidente della Repubblica. Il brivido corre lungo la schiena di molti, ma per fortuna il Pd decide di suicidarsi utilizzando altri sistemi.
Scampato pericolo? Ma neanche per sogno. Oggi Giorgio Napoltano lo ha nominato giudice della Corte Costituzionale. Si vede che chi ha così in spregio la Carta Costituzionale da volerla cambiare assieme a gente come Alfano, Brunetta, Schifani e Quagliariello, ha poca considerazione anche per la Suprema Corte. Intanto, il sorcio - come lo disegnava Forattini mettendogli le orecchie di Topolino - continua a prosperare nel formaggio.

mercoledì 11 settembre 2013

Il Papa e il dialogo con gli atei: iniziamo dalla restituzione del maltolto

Davvero poco interessante la lettera con la quale papa Francesco ha risposto ai dubbi amletici di Eugenio Scalfari, che probabilmente ateo davvero non lo è mai stato e alla sua veneranda età viene colpito dal ragionamento che prende un po' tutti di fronte alla morte, quello dell'hai visto mai che. "La misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito", scrive il Papa pampero, avvisando barba bianca che se vuole accedere al regno dei cieli è il caso che chieda scusa rapidamente. Dio, ci racconta Bergoglio, "non è un'idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell'uomo. Dio è realtà con la R maiuscola". D'altra parte chiedere al Papa le prove dell'esistenza di Dio è un po' come chiedere all'acquaiolo se l'acqua è fresca e sapere che invece di bruciarli sul rogo come si faceva un tempo agli atei oggi viene concesso il riconoscimento di possedere anch'essi una morale non è una grande vittoria.
La Chiesa fa un passo avanti? Casomai fa un passo indietro, visto che il Papa argentino cita come punto di riferimento il Concilio Vaticano II (roba di 50 anni fa), sconfessato senza pietà da entrambi i suoi predecessori.

martedì 10 settembre 2013

Cile: 40 anni dal golpe, quando era la Cia a usare il sarin

Il golpe in Cile fu un esperimento, un test di laboratorio con il quale la CIA si servì dell'innesco di una crisi finanziaria per screditare un governo nemico. A raccontarlo nelle sue memorie è stato William ''Bill'' Colby, capo dei servizi segreti Usa fra il 1973 e il 1976, rivelando che gia' nel 1970 Washington aveva messo in piedi una vasta campagna contro la candidatura del marxista Salvador Allende. Dopo la sua vittoria alle elezioni, gia' nel 1972 la Cia aveva istituito una Direzione apposita che operò un'operazione di disinformazione e sabotaggio economico. Non solo, secondo una Commissione del Senato americano, l'ufficio della CIA a Santiago si dedico' a raccogliere tutte le informazioni necessarie per un possibile colpo di Stato: liste di persone da arrestare, infrastrutture e personale civile da proteggere, installazioni governative da occupare.

venerdì 6 settembre 2013

Il rapper Moreno e la decadenza della sinistra

Io sono diventato un estremista di sinistra (almeno stando a quello che è il pensiero dominante) per colpa della musica. Non ho frequentato sedi di partito, provengo da un ambiente stucchevolmente borghese, ho fatto tutto il mio ciclo di studi in una tipica scuola cattolica, gestita male e amministrata peggio. Ma mi piacevano il rock, lo ska, il punk e il reggae e ai miei tempi, quella roba lì si ascoltava solo a sinistra. 
Alle Feste dell'Unità partecipavano sempre grandi gruppi, soprattutto a quelle della regione Emilia Romagna, ma anche a Roma non si scherzava: nel 1984 in uno spazio all'aperto all'Eur dove ora sorge un enorme centro commerciale suonarono i Clash, che vabbè... non erano più i veri Clash, ma sempre un gran bello spettacolo da vedere. Nel 1992 a Modena fu la volta dei Pink Floyd, che vabbè... non erano più i veri Pink Floyd ma in Italia non suonavano più da una vita, da quando avevano sperimentato l'accoglienza tipica di Napoli, con un intero camion di strumentazione spartito nel nulla ai tempi del loro "Live a Pompei". E prima ancora mille altre feste, con gruppi italiani che all'epoca potevano competere con le band inglesi e americane, gente come Eugenio Finardi, gli Area, la Pfm e il Banco, Edoardo Bennato, che poi da quei festival si dissociò polemicamente. 
A Correggio un anno ci furono anche i Jethro Tull, che siccome nelle loro canzoni parlavano di valhalla, gnomi e atmosfere fiabesche, in Italia passavano per un gruppo di destra quando erano invece dei clamorosi fricchettoni. 
Insomma, la musica era di sinistra. Perché sì, so che è difficile crederlo, ma la sinistra esisteva.
Oggi la Festa Nazionale dell'Unità a Genova si concluderà con un concerto del rapper Moreno, il nuovo prodotto da scaffale del supermercato partorito dalla premiata ditta Mediaset e da Maria De Filippi, il solito ragazzino dai brutti tatuaggi con un singolo in classifica destinato a scomparire rapidamente nel giro di pochi mesi. Ma lui si crede un vero artista e ha subito preso le distanze da questi antipatici comunisti. Con la Festa dell'Unità e con la sinistra non ha proprio niente a che fare, sia chiaro. "La mia musica non c'entra nulla con il Pd". 
Non diffamiamolo, altrimenti è capace pure che parte la querela.

giovedì 5 settembre 2013

La Chiesa all'origine di scambi e favori politici. Tutto per non pagare le tasse

Quando un paio di anni fa è cominciata a rimontare la polemica sulla banca del Vaticano, che non aderiva alle norme antiriciclaggio internazionali, e sul mancato pagamento dell'Ici da parte delle strutture ecclesiastiche, contestato come aiuto di Stato dalla Commissione Europea, tutti quelli che osavano parlarne venivano bollati come anticlericali pieni di pregiudizi. Quando il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi dava fuori di matto facendo rabbrividire tutti con le sue teorie economiche a favore della guerra e finendo anche indagato (sempre per riciclaggio), qualcuno aveva pensato di toglierselo dai piedi sostenendo una sua possibile infermità mentale. Molti politici, di entrambi gli schieramenti (poi dice che uno alle elezioni se ne resta a casa), continuano ad accreditare la tesi secondo la quale papa Ratzinger aveva avviato una rivoluzione all'interno dello Ior nominando il manager cattolico, ma scontrandosi con le temibili lobby vaticane, che più che gay sono molto amanti del potere. 
Ecco. 
Oggi viene fuori che Gotti Tedeschi non era affatto un matto e che non era stato messo lì per riformare un beneamato piffero, ma solo per trattare con i politici - con i quali aveva rapporti diretti - su questioni essenziali per la Chiesa cattolica. L'unica questione essenziale, anzi. 
I soldi. 
L'eccentrico presidente dell'Istituto conservava tutto: migliaia di mail e appunti riservati di corrispondenza con tanta bella gente, dai cardinali ai ministri, ai banchieri, ai parlamentari e, naturalmente, il Papa in persona. Trattava su tutto, preferibilmente con i parlamentari del Pdl da una parte (Angelino Alfano, Giulio Tremonti, e Alfredo Mantovano) e Tarcisio Bertone, Angelo Bagnasco e Benedetto XVI dall'altra parte. Girandole di favori, perfino un intervento sollecitato alla Cei sul biotestamento, in cambio della garanzia che dalle casse di mamma Chiesa non sarebbe uscito un euro. I preti mettevano bocca sulla nomine in Rai, sull'appoggio al governo Monti, su come aggirare le imposizioni dell'Unione Europea e battevano cassa, subito accontentati dal prodigo ministro banchiere Corrado Passera, per salvare il San Raffaele di don Verzè, il prete spretato amico di Berlusconi, che in vita ha collezionato una lunga serie di condanne per truffa, corruzione, abusi edilizi, perfino ricettazione di quadri rubati, ma c'è ancora chi pensa che sia stato un benefattore.
Ora l'archivio del matto, quello che diceva che per combattere la crisi economica bisogna fare più figli (davvero un fine economista, peccato che non ci siano più le piantagioni di cotone), sequestrato lo scorso anno nell'ambito dell'inchiesta sul riciclaggio bancario, non è più segreto.
C'è scritto nero su bianco quello che molti di noi sapevano da molto tempo. La Chiesa cattolica italiana è uno dei tumori maligni di questo paese. E con papa Francesco e il prode Enrico Letta non pagherà neanche l'Imu
Alleluia.

mercoledì 4 settembre 2013

I campioni del Pd (6): il ritorno del garantista Violante

"Berlusconi (...) sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di Governo, che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l'onorevole Letta. A parte questo, la questione è un'altra. Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto di interessi, avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni... Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte".
Ecco, per chi non lo sapesse questa frase non è stata pronunciata da un comico. L'ha detta lui, l'incredibile Luciano Violante, in un intervento alla Camera pronunciato undici anni fa. Nonostante questa confessione che risale a quando il tumore Berlusconi non era ancora diventato metastasi, in giro c'è ancora qualcuno che pensa che votare per il Partito Democratico sia il modo migliore per contrastare l'evasore fiscale di Arcore. 

martedì 3 settembre 2013

La leggenda metropolitana del Renzi vincitore

Una delle più grandi balle che politici di tutti gli orientamenti continuano a raccontare, da quando Pier Luigi Bersani ha deciso di suicidarsi seguendo i consigli di un vecchio di novant'anni con uno strano concetto della ragion di Stato, è quella che con Matteo Renzi il Pd avrebbe vinto le elezioni. 
E' noto che il brufoloso sindaco democristiano di Firenze è il candidato preferito dalla destra, perché, in fondo, lui è di destra. Va in pellegrinaggio ad Arcore, stravede per un macellaio finanziario come Marchionne, non aveva una proposta che è una, tranne quella (gli va riconosciuto, vincente) di rottamare tutte le cariatidi del Pd. 
Quando ha corso per le primarie è stato battuto sonoramente, con tanto di frizzi e lazzi sulla sua comparsata alla trasmissione della moglie di Maurizio Costanzo (che fa televisione perché è la moglie di Maurizio Costanzo, ovvero un compagno di loggia di Silvio Banana), nella quale ha pensato di vestirsi da Fonzie, assomigliando tragicamente a Potsie (del quale possiede anche lo sguardo ebete-bovino). 
La sua nomina a segretario, a stare a sentire i vecchi che lui voleva rottamare, avrebbe spaccato il partito e secondo i sondaggi avrebbe perso più voti lui a sinistra che se fosse diventato leader del Pd direttamente Berlusconi.
Adesso il rivoluzionario Renzi gode dell'appoggio di tutti quelli che sperano di tornare a galla, alla faccia del nuovo che avanza. Dietro la sua faccia si nascondono oggi gente come Dario Franceschini, Walter Veltroni, Beppe Fioroni, Piero Fassino e perfino Massimo D'Alema spende parole di endorsement nei suoi confronti. Una ventata di vera e propria aria fresca, per una formazione politica che definire alla canna del gas è un eufemismo. Il rottamatore finirà col fare il restauratore e (volete scommetterci?) con il perdere anche lui le elezioni. 
Perché è questa la missione di ogni bravo leader della sinistra. 

lunedì 2 settembre 2013

Lo spettro che si aggira fra gli elettori del Pd: come lo salveranno stavolta?

Uno spettro si aggira in questi giorni fra gli ultimi rimasti a credere che il Partito Democratico sia una cosa seria. I suoi elettori, già da tempo in caduta libera, non ne vogliono parlare, attenendosi alle posizioni ufficiali di qualche (finto) leader come il ripescato Guglielmo Epifani, che promette severità nei confronti di Silvio Banana e garantisce che al Senato si voterà compatti per la sua decadenza da senatore. 
Diciamoci la verità. Non ci crede nessuno. 
Soprattutto dopo che uno dei meno affidabili del branco, quel Luciano Violante che confessò come uno scemo alla Camera il patto scellerato che i suoi avevano già stipulato con il Caimano, si è messo a fare il ventriloquo del Quirinale sostenendo che l'orgiastico signore di Arcore ha ancora tutto il diritto di difendersi (da che cosa non è chiaro, dopo tre gradi di giudizio in tribunale e una legge che ha votato anche lui). I velinisti del Colle hanno fatto "trapelare" (ovvero hanno telefonato ai soliti giornalisti embedded che lavorano solo su stretta dettatura) che il monarca ha apprezzato l'intervento di una delle marionette invitata dal Quirinale a far parte del gruppo di lavoro finalizzato alla presentazione di "proposte programmatiche in materia istituzionale, economico-sociale ed europea".
Ecco, la proposta programmatica è sempre quella da quasi 18 anni a questa parte: salvare il culo al loro sodale preferito, il caro leader Silvio, decaduto il quale scomparirebbero anche tutti gli altri. Cosa si inventeranno stavolta? Il ricorso alla Corte Costituzionale? Una bella amnistia con la scusa delle carceri affollate? Un bel voto segreto salvatutto come ai bei tempi di Bettino Craxi? O la porcata finale di una bella grazia firmata da re Giorgio?
I fedelissimi delle macerie che restano del fu Partito Comunista Italiano, anch'esso ucciso lentamente dalla sua insopprimibile voglia di compromesso storico (leggi spartizione di qualche poltrona), sono sull'orlo di una crisi di nervi. L'altro giorno, un altro dei meno lucidi esponenti del partito, quel Dario Franceschini che da quando ha mollato moglie e figlie per una tipa più giovane, naturalmente subito sponsorizzata in politica (i soliti cattolici con il culo degli altri) ha abbandonato il suo tradizionale look da chierichetto per un impegnativo barbone alla Carlo Marx, ha detto che questo governo "sta facendo cose di sinistra".
Leggere su tutti i siti web i commenti alla sua dichiarazione era un vero spasso. Fischi, parolacce, insulti, pomodori marci e ironia all'acido muriatico.
Avanti così verso la tragedia finale.