mercoledì 9 marzo 2016

Libia, Napolitano e Gentiloni vanno alla guerra per "terra, cielo e mare". Quanti altri danni faremo?

"Generare l'illusione che non avremo mai nel nostro futuro la possibilità di interventi armati, in un mondo che ribolle di conflitti e di minacce, sarebbe ingannare l'opinione pubblica e sollecitare un pacifismo di vecchissimo stampo che non ha ragione di essere in un mondo di oggi. E' necessaria molta attenzione alle minacce dirette all'Italia e quindi è sacrosanto il richiamo all'art. 52 della nostra Costituzione e che ci possa essere un intervento di terra, di cielo e di mare per reprimere le minacce al territorio italiano". Non è il delirio di qualche estremista di destra, nostalgico delle fanfaronate di Mussolini. Sono parole pronunciate nell'aula del Senato dall'ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, stalinista, lui sì, di "vecchissimo stampo", che hanno fatto da contorno a un'informativa del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Il quale si è esercitato in un triplo salto mortale verbale, un numero nel quale i democristiani sono maestri, affermando prima che "gli interventi militari non sono la soluzione", poi che per "legittima difesa" (da chi?) è giusto che avvengano e che comunque il Parlamento ne verrà informato. 

Si sa già come andrà. Spenderemo inutilmente un sacco di soldi per mandare in Libia qualche migliaio di uomini attirati dal lauto stipendio di missione, piangeremo qualcuno di loro con cerimonie e buffonate di Stato e lasceremo la situazione sul posto più incasinata di prima. Come è successo in Afghanistan e Iraq. Malgrado quello che dice Napolitano, a essere fuori luogo nel mondi di oggi è proprio quest'interventismo d'accatto promosso da vecchie cariatidi. I danni sono sotto gli occhi di tutti. 

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